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Un Sabato…di Domenica

Oggi andiamo a parlare di una pagina anomala nella vita editoriale di un autore popolarissimo e conosciuto anche ai più accaniti fan del tubo catodico.

Andrea Camilleri deve gran parte della sua fama per il ciclo dei romanzi del Commissario Montalbano, dei gialli ambientati nella profonda Sicilia (nei luoghi dove lo scrittore di Porto Empedocle è cresciuto) e scritti in un tagliente siciliano, vero e proprio marchio di fabbrica dell’autore.

Nei suoi romanzi “canonici” i protagonisti principali della vicenda sono i paesaggi, la bellissima Sicilia, la cultura, le tradizioni che rivelano una terra che ha molto da dare, ma allo stesso tempo anche molto da nascondere.

In questo romanzo che oggi vado a presentarvi Camilleri “si spoglia” del proprio linguaggio artistico, e si rimette in gioco alla veneranda età di ottantaquattro anni e confeziona questo “Un Sabato, con gli amici“.

Chi non ha mai passato il Sabato con gli amici?

Camilleri ci presenta un dramma surreale e truculento che coinvolge una comitiva (apparentemente) come le altre, dai traumi infantili passando per l’adolescenza fino all’età adulta.

Se l’adolescenza sembra il momento in cui le tragedie infantili vanno a scemare scomparendo del tutto, grazie all’inserimento dei protagonisti in una società di stampo borghese, l’età adulta porterà tutti i nodi al pettine, portandoci al triste e truculento finale.

Per quanto riguarda lo stile, Camilleri getta alle ortiche il dialetto siciliano e scrive questo breve romanzo (un centinaio di pagine) con un linguaggio asciutto e ordinato, quasi teatrale, simile a una sceneggiatura di qualche spettacolo, con battute molto coincise e verosimili.

Inoltre, le ambientazioni sono poche e scarne, e quasi sempre al chiuso.

Da questo punto di vista, questo romanzo ricorda alcuni film di Roman Polanski, ambientati unicamente nelle quattro mura di un appartamento (basta pensare a “Repulsion”, o al più recente “Carnage”).

In contrasto con lo stile del linguaggio, abbiamo lo stile narrativo: è tutto confuso e disordinato, al limite del surreale, gli eventi non sono in ordine cronologico, i personaggi si accavallano fra di loro, tutto si ingarbuglia come un gigantesco nodo di Gordio, l’unico modo per sbrogliare la vicenda sarà un taglio netto e violento, così come ci rivelerà il finale.

Leggendo le recensioni di questo libro, ho trovato molti lettori perplessi verso questo “esperimento”.

Si ha effettivamente un senso di smarrimento durante la lettura, io stesso (che di Montalbano ho letto solo un libro) sono rimasto stupito da questa “reinvenzione”.

Questo libro è aperto verso molte interpretazioni: che cosa vuole dirci il Maestro di Porto Empedocle? che forse il marciume della società genera mostri? che forse siamo padroni del nostro destino solo a metà? o forse era annoiato e allora si è dilettato con una storia un po’ diversa?

Io consiglio la lettura di questo libro, è molto interessante vedere come un grande autore cerca di sperimentare ad una età non più giovanissima, senza contare che la trama surreale lascia un sacco da riflettere, e non risulta affatto noiosa nonostante l’ambientazione “borghese” e limitata nei luoghi.

E con questo finisce il mio articolo sul Sabato…augurandovi ovviamente una Buona Domenica!