Archivi tag: Sade

Anarchia e Consumo

Carlo, metti le dita così!… Sei capace di dire “Non posso mangiare il riso”, tenendo le dita così? 

Non posso mangiare il riso.

E allora mangia la merda!

Mi scuso per non essermi fatto sentire da un bel pezzo…ma la verità è che sto rimuginando molto in questo periodo, e quindi le parole si affollano in talmente tante direzioni che mi risulta difficile ordinarle in una direzione ben precisa e predeterminata.

Ma ci proveremo comunque.

Intanto comunico che ho deciso di aprire una nuova rubrica, La Settima Arte, che comprenderà post a tema cinematografico, ma pur sempre interlacciati con il mondo della carta stampata (le due “puntate precedenti” le trovate qui e qui, per chi se le fosse perse.)

Questo post rappresenta una fantomatica “terza puntata”.

Si può parlare di politica nella letteratura?

Certo che sì, ma che domande faccio.

Attraverso l’Arte si può parlare di qualunque cosa, in maniera diretta o indiretta.

Il problema principale rimane nel “veicolo” del messaggio, ovvero nel modo in cui si decide di far passare  la critica che vogliamo diffondere: dobbiamo fare in modo che passi nella maniera più capillare e precisa possibile, senza fraintendimenti.

Si riesce nello scopo?

Pare strano dirlo, ma sembra che un aumento dell’istruzione media abbia portato con se’ una costante e sempre crescente chiusura mentale, col risultato che non si capisce più un bel nulla.

E così a me tocca (che poi intendiamoci, manco fossi chissà quale luminare mondiale) sorbirmi gente che considera Salò un beneamato spreco di pellicola, e che chiama Pasolini un povero frocio che se lo meritava.

Perchè è di questo che voglio parlare.

Ma facciamo un po’ di storia prima.

Agli albori della rivoluzione francese il conte Donatien Alphonse François de Sade (che per chi non lo conoscesse, da il nome alla parola Sadismo, insomma un gran simpaticone), se ne esce con un romanzo intitolato “Le 120 Giornate di Sodoma“.

Sade dipinge con asprezza e un certo gusto per il macabro e per l’osceno una summa di tutto ciò che può essere definito con l’appellativo di “perverso”, una sorta di enciclopedia del libertino.

Approfittando della situazione, il Divin Marchese lascia pure un messaggio nel suo romanzo: per quanto i grandi poteri possano ostracizzare, stracciare, censurare, abbaiare contro sono affascinati dal libertinaggio, e fanno di nascosto ciò che agli altri vietano di fare; esasperando fino ai limiti del parossismo.

Circa due secoli dopo, Pier Paolo Pasolini termina la cosiddetta Trilogia della Vita e decide di inaugurarne una della Morte, e per il primo film decide di ispirarsi al romanzo di Sade.

La Seconda Guerra Mondiale e agli sgoccioli e quattro repubblichini nazifascisti, personalità del tempo (di cui conosciamo solo gli appellativi: il Duca, Il Monsignore, Il Presidente e L’Eccellenza) decidono di rifugiarsi in una villa sperduta nella repubblica di Salò, dove rapiscono dei giovani di entrambi i sessi selezionati accuratamente per soddisfare tutte le loro perversioni sessuali.

Le torture riservate alle povere vittime sono sia fisiche che psicologiche e sfoceranno in un bagno di sangue, che vedrà i nostri bei quattro tomi pronti a darsi il cambio a guardare da una finestra l’esecuzione, violenta e macabra di ogni trasgressore delle regole.

In contrasto con il tema particolarmente forte e grezzo Pasolini adotta uno stile registico altamente pulito e ordinato, suddivide il proprio girato in “gironi danteschi” (Antinferno, Girone delle Manie, Girone della Merda e Girone del Sangue) e incornicia il tutto in una fotografia pulita ed estremamente ordinata, che fa risaltare ancora di più lo schifo generato dalle vicende narrate.

Molti dei così autorevoli critici hanno definito Salò, al pari del romanzo da cui è stato generato, un riassunto di tutte le perversioni che Pasolini avrebbe provato durante le sue esperienze omosessuali, più o meno esasperate, bollandolo come un prodotto di cattivo gusto totalmente fine a se stesso.

Questa tesi non mi trova assolutamente d’accordo, non c’è voluttà nel mostrare, non c’è soddisfazione nel guardare, vi è solo grande sgomento e un senso di sporco che rimane indelebile nella propria anima.

Come Pasolini più volte dice nelle interviste (quelle interviste che poi saranno le ultime, visto che morirà di li a poco) Salò è un film sull’Anarchia del Potere e su ciò che il Potere fa dei corpi ai giorni nostri.

Quando si pensa all’Anarchia si pensa ad un qualcosa di totalmente privo di regole, qualcosa che tenta di distruggere il Potere costituito.

Ma se si pensa bene, è proprio il Potere stesso ad essere Anarchico, il Potere fa ciò che vuole e agisce in modi che esulano i normali rapporti umani.

In particolare l’odierno modello economico è un potere che mercifica i corpi, li trasforma, fa perdere loro valore, ci trasforma tutti in macchine senza sentimenti, che cercano continuamente l’oggetto bello, che consumano dunque.

Ed è proprio questo Salò, una gigantesca pubblicità progresso, una sorta di “Profezia” formulata quasi 40 anni prima, su ciò che sarebbe diventata l’Italia dei giorni nostri, un accozzaglia di persone senza cervello.

E mentre il mondo va a rotoli, noi siamo qua, a ballare sulle note dei “Carmina Burana” di Orff…